ottenuto è eccezionale: “La camorra è una delle quattro organizzazioni criminali più pericolose per l’interesse nazionale degli Stati Uniti”. Proprio così: “per l’interesse nazionale degli Stati Uniti”.

 

A pronunciare queste parole è infatti il presidente americano Barack Obama. E sono parole, ormai, di due mesi fa: è il 25 luglio quando Obama in una conferenza stampa a Washington dichiara guerra alla camorra. Lui.

Da allora in Italia non sembra esserci un’adeguata reazione all’affermazione di Obama sulla camorra considerata ai massimi livelli di pericolosità insieme ai narcos messicani Los Zetas, alla mafia russa Circolo dei Fratelli e alla giapponese Yakuza. Non si discute animatamente su come unire le forze dei governi per combattere un male nato in Campania e (in)gloriosamente esportato negli Usa. Semplicemente non si discute o almeno non si discute abbastanza.

Si può sospettare che gli Stati Uniti vogliano scaricare su altri la responsabilità del crimine in casa loro? Resta il fatto che a loro la camorra fa paura. E non poco. Tanto che alla conferenza stampa del 25 luglio sono presenti anche i ministri della sicurezza interna Janet Napolitano e della giustizia Eric Holder insieme a due sottosegretari e ai capi dell’antiterrorismo alla Casa Bianca e dell’agenzia antinarcotici. Uno schieramento indicatore delle forti preoccupazioni per l’insidia della camorra.

“Questa vasta organizzazione criminale italiana ha un fatturato annuo di 25 miliardi di dollari, un raggio di azione internazionale, attività che spaziano dalla contraffazione al contrabbando alla droga” afferma il sottosegretario al tesoro David Cohen. Gli studi dell’amministrazione americana sulle minacce della criminalità organizzata registrano il sorpasso della camorra nei confronti di Cosa nostra, la mafia siciliana.

Il piano d’azione fatto scattare da Obama “Strategy to Combat Transnational Organized Crime” prevede misure straordinarie: dal sequestro delle proprietà americane al divieto d’ingresso nel paese per i sospetti affiliati ai clan.

Le analisi dell’amministrazione Usa mettono in evidenza il grave impatto della criminalità sulla società e sulla correttezza del processo democratico:  la camorra e le altre organizzazioni criminali giudicate più pericolose “si insinuano nel processo politico attraverso la corruzione, fino a diventare dei surrogati degli stati, offrendo una loro forma di governo”. E riescono a “penetrare dentro gli stati”, a “cooptare gli apparati” e a “indebolire la capacità di governo”.

Per gli Usa il binomio camorra-politica è un enorme problema dunque. E per l’Italia? Dal 25 luglio la domanda attende attenzione.