Al liceo Primo Levi di Roma la preoccupazione della Maraini per la troppa violenza verbale diffusa e gli insulti che non fanno ragionare. Collaborazione della libreria Nuova Europa I Granai

Parlare della vita, dei comportamenti privati, di quelli pubblici. È quello che accade con Dacia Maraini, complici due suoi libri, l’ultimo “Tre donne” e “L’amore rubato” di sei anni fa, entrambi Rizzoli. Di fronte a lei, mercoledì 30 maggio 2018, duecento studenti del liceo scientifico Primo Levi di Roma; al suo fianco Roberto Ippolito, autore di libri di inchiesta e ideatore di eventi culturali. Con loro il dirigente scolastico Stefano Sancandi, la referente del Progetto Lettura Antonella Pagano, la professoressa Laura Zampetti. E la libraia Barbara Pieralice della Nuova Europa I Granai.

Dacia Maraini preferisce alimentare il dialogo senza pronunciare alcun discorso iniziale. Desidera dare subito la parola ai ragazzi. Così da loro partono immediatamente, una dopo l’altra, tante domande. La prima, di Giorgio, riguarda l’attualità del fascismo. Lei offre il suo punto di vista: “Ci sono due tipi di fascismo, quello realizzato in una fase storica e quello che viene dalla storia: c’è oggi il fascismo che è un atteggiamento di aggressività e intolleranza. Chi non la pensa come me è considerato nemico, va cacciato con prepotenza. Viene chiusa l’informazione come accade in Turchia, si fa tacere qualsiasi voce che non sia la propria”.

Forse non a caso c’è un punto di contatto con le parole dell’ultima studentessa che interviene, centrate sulla violenza politica. La scrittrice manifesta una forte preoccupazione: “La violenza politica mi inquieta. La vedo crescere. C’è un degrado dei rapporti umani. Rabbia e violenza sembrano diventate legittimi. Mi chiedo come risolvere tutto questo. La risposta può essere: praticare la non violenza. Non sto su Facebook perché trovo troppa violenza verbale, c’ero e me ne sono andata. Le persone non migliorano sfogandosi in un certo modo. Se insultiamo non ragioniamo”. Nella vita politica come nelle relazioni personali.

Silvia domanda a Dacia Maraini se sa dare una spiegazione al suicidio di Primo Levi, autore di “Se questo è un uomo”, al quale la scuola è intitolata: “Si è tolto la vita per il dolore del ricordo?”. Lei torna indietro al Primo Levi conosciuto personalmente, “con la faccia intensa, piccolino, molto modesto, umile”. E confida: “Anche io mi sono chiesta perché si è suicidato. Forse per un senso di imbarazzo, essendosi salvato nel campo di concentramento al contrario di tanti altri, oppure per il dolore della memoria, come ipotizzi tu Silvia”. Poi aggiunge, quasi pensasse a voce alta: “Ma ci può essere anche il dolore di non essere capiti da chi non ha vissuto direttamente le atrocità naziste”.

Con l’attenzione di Francesco, Matteo, Gaia, Elisa, Claudia, Giulia, Ludovica, Marco, Michele e di tutti i loro compagni rivolta ai meccanismi narrativi di Dacia Maraini, in particolare al fare letteratura basandosi su vicende reali, e ai comportamenti individuali che turbano, una larga parte del dialogo nel liceo Primo Levi è dedicata alla violenza sulle donne e sui deboli. La Maraini parla del femminicidio come “risposta alla libertà delle donne” e di “certi uomini che identificano la virilità con il possesso: la moglie o la figlia sono considerate una proprietà; ma si può possedere una macchina o un motorino, non una persona”.

Parla della gelosia come di “un sentimento istintivo che abbiamo in comune con gli animali, ma se non siamo animali dobbiamo controllarla”. Di Gesù che appena avvenuta la resurrezione “si presenta a tre donne invitandole ad annunciarla agli apostoli; rivolgendosi alle donne per prime rompe un tabù: era più avanti di quello che poi diventerà la Chiesa. È stato un gran rivoluzionario, ma rinnegato dalla Chiesa”.

Nelle due ore passate a scuola ad ascoltare anche un invito forte agli studenti: “Tenetevi strette le vostre passioni”.

 

 

—————————————————————————————————————————————

Guarda le gallerie fotografiche