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di Pompei sono straordinari come la bellezza del sito archeologico. Unica certezza l’assenza di qualunque intervento e perfino della manutenzione dopo il crollo della Casa dei gladiatori il 6 novembre 2010. Intorno a questi punti ruota l’intervento di Roberto Ippolito all’incontro “Il Bel Paese maltrattato – Pompei un anno dopo” organizzato nella Reggia di Portici, quindi vicino agli scavi. Il titolo del dibattito fa riferimento al libro di Ippolito “Il Bel Paese maltrattato” pubblicato dalla Bompiani. I partecipanti alla discussione sono Vittoria Brancaccio, presidente dell’Agriturist (l’associazione degli agriturismi aderente alla Confagricoltura) in prima linea nell’organizzazione dell’iniziativa di Portici, e Enzo Feliciani, segretario nazionale della Uil Beni culturali, il sindacato impegnato nella denuncia dei problemi di Pompei. Intervento di Raffaele Sacchi, docente della facoltà di agraria dell’università Federico II. Coordinatore Carlo Franco, giornalista della “Repubblica”.

 

 

Questi gli appunti dell’intervento di Roberto Ippolito, Reggia di Portici 5 novembre 2011“Il Bel Paese maltrattato Pompei un anno dopo

 

 

 

La vergogna Pompei è senza fine: nell’area archeologica non succede nulla tranne i crolli. Tutti i giorni vengono raccolti pezzi di muri caduti (come testimoniano il presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale Antonio Irlando e il presidente dell’Associazione nazionale archeologi Tsao Cevole).

 

I turisti entrano tranquillamente nelle zone vietate, i ruderi non sono protetti e il rischio di furti è molto elevato. La situazione è così grave che l’Unesco potrebbe arrivare a considerare Pompei un bene in pericolo. Il degrado allontana i visitatori. Nonostante il recupero rispetto al 2009, nel 2010 i visitatori sono 250mila in meno del 2006 e i biglietti fruttano 2 milioni 203 mila euro in meno del 2007.

 

Che negli scavi non succeda nulla significa soprattutto una cosa: da almeno due anni non viene effettuata la manutenzione come ammette la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro. Allontanando l’attenzione dalle responsabilità degli ultimi tempi, il ministro dei beni culturali Giancarlo Galan si spinge a sostenere che la manutenzione ordinaria “manca almeno da 50 anni”. In ogni caso

l’allarme continuerà in assenza di una cura adeguata. Dice il presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali, Andrea Carandini: “A Pompei l’emergenza esisterà fino a quando non viene messa in atto una manutenzione programmata in tutta l’area archeologica”.

 

Pompei non è governata. Lo dice perfino il procuratore capo Diego Marmo che indaga sul crollo di Porta di Nola: «Non dovrebbe essere la procura a intervenire a tutela del patrimonio, ma il ministero dei Beni Culturali»,

 

L’anno passato dal crollo della Casa dei gladiatori è un anno passato invano: non è stato effettuato alcun intervento per garantire o almeno migliorare la sicurezza. Del resto anche il commissario europeo per la politica regionale Johannes Hahn sembra sospettoso: vuole assicurarsi che “i lavori inizino il prossimo anno”.

 

Dietro il nulla tanti misteri: i crolli e il reale stato delle cose vengono nascosti. Perché il sottosegretario Riccardo Villari è stato avvertito dopo il crollo di Porta di Nola solo 24 ore dopo e con un sms? Perché, il procuratore capo Diego Marmo è informato dopo tre crolli uno o due giorni dopo?

 

Neanche la consapevolezza dei rischi spinge a intervenire. A Pompei nessun lavoro è stato realizzato nell’ultimo anno nonostante i timori manifestati dal governo di nuovi crolli (poi avvenuti). Il 30 settembre 2011 il ministro Galan fa presente: «Onestamente non posso garantire che non accadrà nulla». E il 7 ottobre il sottosegretario Villari non nasconde i timori per nuovi crolli con la pioggia: “Le piogge potrebbero rivelarsi un problema serio”. Contemporaneamente la soprintendente Cinquantaquattro spiega che “se non si garantisce” la manutenzione ordinaria “il pericolo di altri cedimenti c’è”. E i crolli effettivamente poi avvengono. Dopo quello di Porta di Nola, il 21 ottobre il ministro Giancarlo Galan ricorda con sincerità di aver “più volte pubblicamente espresso tutta la mia preoccupazione per gli effetti che avrebbero potuto provocare le prime violenti piogge su Pompei”.

 

Qualche volta tuttavia affiora l’ottimismo, senza basi concrete. Il 30 settembre il sottosegretario Villari scandisce: “Progetti, finanziamenti, assunzioni, è tutto avviato ed è a buon punto. Siamo fuori del porto, bastano pochi colpi di remo per arrivare alla meta”. I pochi colpi di remo sembrano in realtà quelli sufficienti a buttare giù altri muri di Pompei.

 

Pompei continua a non essere governata adeguatamente. Dopo la sovrapposizione di ruoli fra i soprintendenti e i commissari nominati dal ministero, la gestione non funziona. In compenso spunta un nuovo ufficio: quello voluto per sè daI sottosegretario Riccardo Villari a Castel dell’Ovo a Napoli: è un singolare caso di emulazione del leghismo. Villari contesta perfino alla soprintendente Cinquantaquattro di non farsi vedere nei momenti difficili e la mancanza di dirigenti adeguati. Ma la responsabilità finale per la condotta complessiva della struttura non dovrebbe essere del governo?

 

Il 2 ottobre Villari assicura che per il sito archeologico “il progetto c’è”, ma tre settimane dopo avverte che il “Piano di messa in sicurezza definitivo è ancora in redazione”. Un anno dopo il crollo della Casa dei gladiatori il governo non ha predisposto alcun piano per salvare Pompei. E lo riconosce.

 

Il 3 novembre il sottosegretario scrive alla soprintendente lamentando, come fa sapere, che “l’elenco dei siti che potrebbero essere oggetto di interventi di sponsorizzazione non è mai stato preparato”. L’assenza di un’organizzazione idonea per concretizzare gli interventi necessari è così evidente che il commissario europeo Johannes Hahn rende noto di voler controllare “personalmente” l’andamento di “lavori e spese” una volta perfezionato il finanziamento europeo.

 

I soldi a disposizione per Pompei sono un mistero. La soprintendente Cinquantaquattro sostiene che non ci sono somme in giacenza non utilizzate e che non è disponibile nemmeno un euro. Ma con la vendita dei biglietti d’ingresso Pompei nel 2010 incassa oltre 18 milioni di euro. E altri 28 dovrebbero essere stati lasciati dall’ex commissario Fiori. La senatrice del Pdl Diana De Feo sostiene che nelle casse di Pompei ci sono 54 milioni di euro. E il sottosegretario Riccardo Villari  conferma che “le risorse ci sono” rilevando che “i problemi di Pompei non sono certo i fondi: attualmente in cassa, infatti, ci sono ben 40 milioni di euro”. Villari aggiunge poi: “La soprintendenza di Pompei non è povera. Dobbiamo esser messi nelle condizioni di poter spendere le risorse in cassa presto e bene”.

 

Non c’è alcuna certezza sulle risorse esistenti. In sintesi Pompei non dispone di un euro per la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro, ma vende biglietti in un anno per oltre 18 milioni, possiede 54 milioni per la senatrice Diana De Feo, ha in cassa 40 milioni per il sottosegretario Riccardo Villari.

 

La confusione è costante. Pompei ottiene nuove risorse con il decreto Disposizioni urgenti in favore della cultura ma poi si verifica il dirottamento di denaro verso il museo di Capodimonte. Tutte le attese sono concentrate sull’annunciato arrivo del finanziamento europeo, ma i 105 milioni di euro attesi dall’Unione Europea in realtà sembra che verranno utilizzati anche per Napoli, la zona Flegrea, di Ercolano, Oplontis, Boscoreale, Poggiomarino. Impossibile sapere quanti soldi sono disponibili per Pompei. E in ogni caso non esistono i progetti esecutivi per impiegare il prossimo finanziamento europeo.

 

A Pompei è un mistero perfino il personale. Dal governo arrivano informazioni contrastanti sul numero di persone che vi lavorano. Il ministro Giancarlo Galan afferma che gli addetti sono 312, il sottosegretario Riccardo Villari sostiene invece che sono 360. Per il ministro gli archeologi sono 7, per il sottosegretario 10. I vigilanti comunque sono pochi e al laboratorio degli affreschi ci sono solo tre restauratori.

 

Le nuove assunzioni si sono rapidamente assottigliate. Ora ne sono previste entro novembre soltanto 20. Ma il 18 ottobre il ministro Giancarlo Galan ne prometteva 36 o 37e tre giorni dopo il sottosegretario era sceso  a 25.

 

Nella lettera inviata alla soprintendente il 3 novembre il sottosegretario contesta alla soprintendente che non è stata avviata alcuna convenzione con la Ales, la società partecipata dal ministero dei beni culturali, che potrebbe fornire con procedure abbreviate la task-force di operai e tecnici necessari per gli interventi di manutenzione negli scavi.

 

E’ un mistero anche la temuta ingerenza della camorra di cui parla il sottosegretario Villari per il quale “ci sono dei segnali”. Ma quali sono questi segnali? Villari denunciato i suoi sospetti alla magistratura che ha aperto di sua iniziativa un’inchiesta dopo le sue dichiarazioni?

 

Ed è un mistero anche l’economostro in costruzione accanto agli scavi. Si tratta di un gigantesco edificio in cemento armato che sta crescendo a Porta di Nola accanto alle mura in area con vincolo archeologico. L’ecomostro è l’ultima mostruosità della triste storia di Pompei dei giorni nostri.

 

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