Enrico Giovanni e Roberto Ippolito Ignoranti 16 ottobre 2013 Foto Maurizio Riccardi Agr
Enrico Giovanni e Roberto Ippolito Ignoranti 16 ottobre 2013 Foto Maurizio Riccardi Agr

si svolge dove la cultura è all’avanguardia: al Maxxi, il museo romano delle arti del ventunesimo secolo presieduto da Giovanna Melandri. Ma i numeri di oggi fanno male. Myrta Merlino, conduttrice dell’incontro “Energia al lavoro” mercoledì 16 ottobre 2013,  non nasconde il turbamento: mostra al pubblico il libro di Roberto Ippolito “Ignoranti”, edito da Chiarelettere, che denuncia con un impietoso succedersi di statistiche e comportamenti il grave arretramento dell’istruzione e della cultura. Da pochi giorni anche l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico della quale fanno parte i paesi più avanzati, ha collocato l’Italia in fondo alle classifiche del mondo sviluppato per le competenze linguistiche e matematiche.

Seduto in prima fila nell’auditorium del Maxxi, Ippolito è invitato a porre una domanda al ministro del lavoro Enrico Giovannini (foto di Maurizio Riccardi Agr). E gli chiede se il governo di cui lui fa parte ritiene sinceramente di essere impegnato davvero a fare in modo che l’istruzione e la cultura siano l’energia per crescere. Giovannini prima ironizza: “Se fossimo a scuola si potrebbe assegnare un 6-, un voto sufficiente ma che segnala l’esigenza di impegnarsi di più”.

Poi il ministro racconta: “Quando si è deciso di tagliare le spese dello stato in tutti i settori tranne l’istruzione, la ricerca e la cultura, tutti i ministri sono stati d’accordo. Nessuno ha obiettato che queste esclusioni non andavano fatte. E questo è un passaggio importante”.

Giovannini rivendica dunque che, con l’orientamento unanime, “le risorse non sono state ridotte in questi campi” contrariamente a quanto avvenuto negli anni passati. Ma assicura anche che per il governo, impegnato a far quadrare i conti, comunque non basta non tagliare: “Molto di più deve essere fatto”.

Ed è indispensabile: Ippolito, nel suo “Ignoranti”, evidenza l’impossibilità di crescere per un paese che non si prepara, non studia, rinuncia ad adeguare la propria formazione. Come è evidenziato dal sottotitolo, “l’Italia che non sa” è “l’Italia che non va”.

Giovanna Melandri, che ha voluto nel suo Maxxi il ciclo “Energy, lezioni sulle energie che muovono il mondo” per ragionare sulle strade da percorrere per costruire il futuro, sottolinea quanto sia importante credere nella  cultura per concretizzare una svolta dell’Italia e combattere la spaventosa disoccupazione giovanile. E “se non ci sono risorse da trasferire” da parte dello stato, “ci sono delle scelte da compiere per poter fare meglio con meno: per esempio il ricorso alla fiscalità di vantaggio”.

Il ministro ha ricordato che il 40% dei giovani in cerca di lavoro non lo trova e che tantissimi non studiano nemmeno. Come evidenziato dal libro di Ippolito i giovani che non lavorano e non studiano, ovvero i neet (not education, employment or training) si moltiplicano con grande facilità e sono molto più numerosi rispetto agli altri grandi paesi europei. Dice Giovannini: “Il costo dei neet in un anno per ‘Italia è di 25 miliardi”: questa è la stima dello spreco dovuto al mancato utilizzo di capitale umano.

“Le nostre aziende sono competitive quando incorporano cultura” osserva la Melandri.  E, anche se in  misura limitata, qualcosa sta accadendo, sostiene il ministro: “Le imprese hanno cominciato a investire di più in formazione a partire dal 2001, come risulta dai dati Istat, rendendosi conto che non investendo nel capitale umano non tendono a selezionare i migliori”. Il problema del grado di preparazione e delle competenze chiama dunque in causa le imprese. E sollecita una decisa azione delle istituzioni per contrastare il degrado dell’intera società italiana descritto con amaro realismo nelle pagine di “Ignoranti”.


 


 

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