“Delitto Neruda”, il mio libro e l’insopprimibile bisogno della verità (Chiarelettere)
Roberto Ippolito autore di “Delitto Neruda” (Chiarelettere) a Castellaneta 27 febbraio 2020 foto Vincenzo Barberio

Cosa è successo? Anzi: cosa è veramente successo? È cominciato così, con una semplice domanda, il cammino che mi avrebbe portato alla realizzazione del libro “Delitto Neruda” pubblicato da Chiarelettere. Volevo capire come è morto Pablo Neruda. Non sapevo se avrei trovato materia sufficiente e interessante. Non sapevo nemmeno se fare un libro avrebbe avuto senso. Ma qualcosa mi bruciava dentro: possibile che la fine del poeta fosse avvenuta appena dodici giorni dopo il golpe di Pinochet per cause naturali? E allora come mai il certificato di morte, attribuita al cancro alla prostata, non è firmato da un medico presente accanto a lui nelle ultime ore di vita? E come mai nessuno, proprio nessuno, testimonia uno stato da malato terminale? Via via le cose non tornavano. Perciò moltiplicavo le ricerche in qualunque direzione e in qualunque paese per saperne di più. Animato dall’insopprimibile bisogno della verità. A un certo punto è diventata evidente la falsità della versione ufficiale. Neruda non è morto per la malattia di cui soffriva. Il libro con tutte le prove sostenibili trovate è uscito. In copertina oltre al titolo queste parole: “Il poeta premio Nobel ucciso dal golpe di Pinochet”. Intanto in Cile la magistratura, ostacolata negli ultimi anni, sta indagando. E può decretare la verità della legge. La verità insopprimibile.