Antonio Forcellino durante la visita in anteprima del restauro del Mosè di Michelangelo nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma
Antonio Forcellino durante la visita in anteprima del restauro del Mosè di Michelangelo nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma

L’offesa di due chioschi e un furgone-bar alla rinascita del Mosè di cui è artefice Antonio Forcellino

Mosè rinasce davvero. Rinasce a casa sua. Cioè nella Basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma. Bello più che mai, splendente più che mai, il Mosè di Michelangelo compreso nella maestosa tomba a parete di Papa Giulio II conosce una nuova vita grazie al superbo restauro di cui è artefice Antonio Forcellino incaricato dalla Soprintendenza per il Colosseo e l’area archeologica della capitale intervenuta con il contributo di Lottomatica.

Con i suoi studi, Forcellino ha anche ricostruito le modifiche rispetto al progetto originario decise durante i 39 anni di realizzazione della scultura e ha scoperto alcune caratteristiche dell’opera che richiama visitatori da tutto il mondo. L’inaugurazione del restauro del capolavoro di Michelangelo, visto in anteprima all’inizio di gennaio 2017, è imminente. Questo accade dunque dentro la Basilica di San Pietro in Vincoli.

Ma fuori il valore di quello che si trova è misero. Due chioschi vendono oggetti più che modesti e più che brutti: dai ricordi pseudo sacri alle mediocri riproduzioni del Colosseo, dai braccialetti di plasticaccia alle calamite senza una minima traccia di gusto. Insomma paccottiglia. Accanto a loro un furgone-bar serve bevande, gelati e stuzzichini vari. Tutti e tre, chioschi e furgone-bar, assolvono una funzione precisa: offendere i capolavori, deturpando Piazza San Pietro in Vincoli e offuscando la facciata della Basilica che accoglie il Mosè restaurato. Sono legittimi? Anche senza voler sospettare un pezzetto di abusivismo, sono comunque orrendi.