apprezzati. Una scelta ampia. Con tanti e tanti pezzi di gusto. Richiestissimi sul mercato. Sembra un incantesimo: davvero un bel risultato di vendite per due imprese orafe di Vicenza, l’Oro base international srl e la New oro base srl. Sette anni felici, dal 2004 al 2009.

 

E poi… Poi qualcosa comincia a scricchiolare e il meccanismo s’inceppa. Non basta aver acquistato e piazzato sul mercato 14 tonnellate di oro a 312 aziende di 17 regioni d’Italia. Arrivano le procedure fallimentari per le due società di cui sono titolari Giandomenico Bertoncello, noto come Luciano, e la figlia Annalisa. E la guardia di finanza comandata dal colonnello Antonio Morelli e la magistratura, con il pubblico ministero Marco Peraro, fanno scattare gli accertamenti.

Con le perquisizioni e i sequestri di documenti si scopre, secondo l’accusa, la contabilità parallela: la gestione reale dell’attività legata all’utilizzazione dell’oro del valore di 135 milioni di euro non è mai confluita nei bilanci e nelle dichiarazioni per il pagamento delle tasse. Soltanto ai fini dell’iva l’imputazione per le due società di Vicenza è enorme: evasione fiscale per 54 milioni di euro. Evasione che si accompagna, secondo il pm giunto alla conclusione delle indagini preliminari, ad alcuni reati.

Non si tratta di un caso isolato nello stesso settore, nella stessa zona, nello stesso periodo. A Bassano del Grappa, una manciata di chilometri da Vicenza, a maggio è finito sotto inchiesta uno dei nomi storici attivi in questo campo: il gruppo Balestra. In questa vicenda l’iva evasa è pari a 40 milioni di euro e le tasse non pagate toccano quota 204 milioni di redditi, secondo le accuse formulate con una complessa successione di verifiche fiscali effettuate nell’ambito dell’operazione “Gold vision” condotta dalla guardia di finanza. I denunciati sono dodici, con varie imputazioni.

Nonostante le difficoltà di società del gruppo, secondo la Guardia di Finanza è inoltre avvenuto “l’occultamento di corrispettivo” ai fini dell’imposta di registro di 4,8 milioni di euro per la cessione di una lussuosa villa a Porto Rotondo.

Oro venduto in nero dunque. Che significa: tasse non pagate da capogiro e concorrenza sleale nei confronti delle imprese orafe oneste che versano il dovuto all’erario e sopportano quindi costi superiori rispetto agli evasori. Ecco quello che le indagini fanno emergere. Altro che petrolio: il vero oro nero è l’evasione  fiscale. Un fenomeno che continua a espandersi. Anche per le bisognose casse dello stato il recupero dell’evasione fiscale sarebbe l’oro nero: porterebbe tanti e tanti soldi. E magari consentirebbe di rinunciare a un ticket sanitario previsto dall’ultima manovra finanziaria del governo per dare ossigeno all’ansimante bilancio pubblico.