Inesorabili e puntuali, a fine anno arrivano le misere statistiche dell’Istat sulla lettura di libri purtroppo passate inosservate. Le quali ripetono che si legge molto poco: solo il 41% delle persone dai sei anni in poi ha letto almeno un libro nell’arco di dodici mesi. E ormai è evidente che scarsa lettura equivale a scarso andamento dell’economia. Tant’è vero che i lettori sono meno nelle aree rimaste più indietro.

Inevitabile e in extremis, a fine anno arriva anche la manovra di bilancio del governo in carica, attualmente quello formato dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle. Manovra che in teoria dovrebbe tentare di ridare smalto all’economia. E ormai è evidente che la carta vincente sarebbero gli investimenti sul sapere, in Italia come nella lanciata Corea arrivata ad avere il 70% di giovani laureati.

Ma non c’è traccia di sforzi, né piccoli né grandi, per irrobustire la preparazione degli italiani nonostante la cosiddetta battaglia con la Commissione Europea per ottenere il via libera all’aumento del deficit del bilancio pubblico e a misure definite espansive.

In effetti il deficit di bilancio c’è. E con lui c’è il deficit di iniziative a sostegno dell’istruzione e della cultura. La manovra del governo di Giuseppe Conte e dei vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini contiene infatti questo:

– tagli alla scuola per 4 miliardi in tre anni, colpendo soprattutto gli insegnanti di sostegno,

– blocco delle assunzioni nelle università,

– sanatoria per lo svolgimento di attività sanitarie senza titoli,

– maggiori tasse per le istituzioni culturali no profit insieme a tutto il terzo settore (anche se con la promessa di revocarle),

– ridimensionamento dei fondi per il Maxxi, fiore all’occhiello dell’arte contemporanea

– abbattimento dei fondi per la tutela dei beni culturali e del paesaggio da 2,6 a 1,8 miliardi,

– tagli all’editoria ovvero all’informazione dell’opinione pubblica, a danno di tante testate e in particolare di Radio Radicale.

Queste le novità. Ma del resto la stentata e ridotta riproposizione del bonus ai diciottenni per le spese culturali era già un segnale della direzione di marcia.

Adesso la direzione è chiara: l’Italia va giù penalizzando istruzione e cultura con la manovra di bilancio. Altro che manovra tesa allo sviluppo.